Domenica 19 febbraio

VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Mt 5, 38-48

Si conclude questa domenica un tratto di strada ordinario, guidato dal discorso della montagna che abbiamo potuto assaporare con più attenzione. Domenica prossima saremo già in Quaresima, e la scena sarà differente. Qui invece ci troviamo sulla sommità della montagna, con un invito che Gesù ci offre una vetta di stima che ci fa comprendere quanto siano grandi i sogni che Dio ripone su ciascuno di noi.

La chiave di questo brano in continuità con le antitesi che abbiamo trovato la settimana scorsa è forse proprio la sincerità del cuore, la ricerca della giustizia: “se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. Il tema di oggi infatti è la giustizia, e la vetta con cui si conclude è sublime.

(Foto di Pixabay: https://www.pexels.com)

“Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”, un’espressione che dovrebbe farci scoppiare in pianto. Lacrime di meraviglia, perché Dio riversa nei nostri confronti una grandissima fiducia. Lacrime di sconforto, per la nostra fragilità che sperimentiamo ogni giorno. Quanto siamo lontani dalla perfezione del Padre! Cosa vuol dire questa perfezione?

Il vangelo di oggi si apre con le ultime due antitesi del discorso della montagna, segnate dalle espressioni “Avete inteso che fu detto” e “ma io vi dico”… Il compimento della legge, non l’abolizione, ma la manifestazione attraverso l’esempio di Gesù, che è amore. In questo senso, anche la legge più equa, la legge del taglione “Occhio per occhio e dente per dente” può essere vissuta con maggiore pienezza. Questa legge, che ha origini nel Codice di Hammurabi, limita il risarcimento del danno al valore stesso, evitando quindi faide e vendette sproporzionate. 

Ogni volta che riceviamo un torto, quante volte vorremmo fosse risarcito, quasi come se per noi fosse ancora in vigore la legge di Lamech: “chi uccide Caino sarà vendicato settanta volte sette, un morto con sette morti, chi fa una scalfittura sarà ucciso sette volte e sarà vendicato settanta volte sette”. Il male nel mondo c’è, e si può vincere. Non replicando il male, distinguendolo dal malvagio. Gesù non si oppone ai peccatori, ma al peccato, non ai malvagi ma al male. C’è una bella differenza, per noi è più facile opporci a dei nemici in carne ed ossa, e personificare il male.

Per questo Gesù ci dice di “non opporvi al malvagio”, perché lui ama i peccatori, ci ama come figli e vede nelle nostre fragilità la possibilità di essere migliori. E’ lui l’esempio, come abbiamo già detto è lui il ritratto delle Beatitudini, è lui che “porge l’altra guancia”, è lui che “lascia il mantello”, è lui che “fa due miglia”, e lui che “non volta le spalle”. Sono cinque azioni che riassumono momenti che tutti noi viviamo, immersi nel grido della creazione, e nelle quali ogni giorno possiamo compiere una scelta: replicare il male, o sgonfiarlo come ci suggerisce Cristo.

Dobbiamo imparare a “tollere”, verbo latino che indica “portare”, “offrirsi”, da cui deriva la parola tolleranza. Dobbiamo imparare a portare la croce, come ci insegna Gesù, a rivestirla di dignità. Se il vangelo di Cristo si è diffuso, non è stato per azioni di marketing o per le guerre vinte o le conquiste, ma perché si è propagato – e ancora si propaga – attraverso persone che ogni giorno porgono l’altra guancia. In questo possiamo superare la giustizia degli scribi e dei farisei, non solo amando il nostro prossimo, chi è vicinissimo, ma addirittura chi è nemico. Dio non ha nemici, perché siamo tutti suoi figli, sue creature. Riconoscerci creature può essere il primo passo per amare, e per pregare, per i nostri nemici.

La sesta antitesi, “amate i vostri nemici” è quindi quella che riassume il percorso fin qui svolto, il sogno che Dio ha su ciascuno di noi. Compimento di una legge che non è fatta di norme da osservare, non più farisaica, ma una legge dell’amore, che è semplicemente bello vivere. Amore fatto di relazioni, non di cultura dello scarto ma di cura, non un amore possessivo ma il principio francescano del “nulla di proprio”, della Spogliazione. Vivere questo non è una sconfitta, ma è bellezza.

(Francesco Astiaso Garcia, Elena, Dipinti della formazione)

Che guadagno ne abbiamo quindi a porgere l’altra guancia, ad amare i nostri nemici? Noi non facciamo un favore al nostro nemico, ma a noi stessi. Amare è l’unico modo per dire grazie all’amore. L’unico modo per vivere per quello che siamo, cioè figli. Creature uscite dalle sue mani “affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”, che dispensa tutte le sue opere e la creazione senza distinguere tra buoni e cattivi, riversa luce e acqua, sole e pioggia, vita e amore con generosità. E ci attende, come una mamma che vede crescere il proprio figlio nonostante abbia tanti difetti, ma lo ama immensamente lo stesso. Dio è lì, che ci guarda giocare su un tappeto, e sogna per noi che diventiamo perfetti come lui. Non più solo “Siate santi perché io sono santo” (Lv 19,2), ma “siate perfetti”… Il compimento della legge!

Il Signore, in questa domenica, ci faccia il dono di essere compimento della sua Parola, diventando nel portare la croce uomini perfetti, come ci suggerisce San Francesco di Assisi: “Laudato si’, mi Signore, per quelli che sostengo infirmitate e tribolazione. Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati” (FF 263).

Vi auguriamo di cuore buona domenica, accompagnati dalla parola del Signore! 

Laudato si’!

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