Domenica 3 dicembre
I DOMENICA DI AVVENTO – ANNO B
Mc 13, 33-37

Ricomincia oggi, con la prima domenica di Avvento, il Cammino Laudato Si’ che accompagnerà le domeniche dell’anno liturgico fino al triduo pasquale. Un cammino sui passi della parola di Dio, letta alla luce del nostro impegno verso la conversione ecologica. Un cammino che inizia in un modo strano: Gesù ci parla delle realtà ultime, il primo vangelo dell’anno liturgico presenta un discorso escatologico. Che senso ha? 

Avvento è un tempo propizio per preparare la strada al Natale, al mistero dell’incarnazione di Dio. Il creatore sceglie di vivere la nostra vita di ogni giorno, e noi siamo chiamati nella quotidianità a discernere i segni dei tempi. In questa ottica si comprende meglio perché cominciare un cammino conoscendo già il finale, ciò che ci attende alla fine.

Il vangelo di questa domenica ci propone l’ultima parte del “discorso escatologico” presente al capitolo 13 del vangelo di Marco, che si era aperto con l’immagine del tempio distrutto. Il brano di questa domenica è immediatamente successivo alla bella immagine del fico, all’invito sempre presente nel messaggio di Gesù a contemplare il creato, ad ascoltare la sua voce attraverso l’armonia delle sue creature. Le immagini del brano di questa domenica sono tratte dalla vita quotidiana, e ci insegnano lo stile da avere in questo Avvento, e in fondo nella vita di ogni giorno.

“Fate attenzione, vegliate!” è l’invito diretto e chiarissimo di questa prima domenica di Avvento. Sembra proprio lo slogan di tutto il cammino che ci attende. Il verbo αγρυπνάω indica proprio “dormire sul campo”, quasi come a dirci quanto sia impossibile dormire in campo aperto di notte in mezzo a tutti pericoli. Un invito a tenere gli occhi aperti, a vivere il nostro presente come merita, con attenzione e contemplazione. Dentro al male di ogni giorno – siamo al termine del discorso escatologico, che pone l’attenzione sulla lettura del male e sulla comprensione dei segni dei tempi – c’è una salvezza, c’è la mano di Dio creatore, e noi siamo chiamati a porre attenzione. Come se Gesù voglia dirci oggi che il male che c’è nel mondo è l’illusione di possedere tutto, di chiudere gli occhi e mettersi al posto di Dio. Questo è l’abominio della desolazione di cui parla qualche versetto prima. DI fronte a questo, la prima cosa da fare è vegliare! Esattamente come vedremo vigilare i pastori, fuori dalla scena della Natività.

E qual è il kairos, il momento che non sappiamo? Siamo noi a sceglierlo, è il momento in cui decidiamo di aprire gli occhi, e prendiamo consapevolezza. Sembrerebbe un momento drammatico, e invece è l’incontro con la vita, l’incontro con Dio. Un momento che sarà come un uomo che è partito – letteralmente il testo originale dice μέτοικος, cioè emigrato – e lascia la propria casa. Questo emigrato è Dio stesso, che lascia la bellezza della casa comune che ha creato, e ci lascia tutti in questa casa stupenda. E noi siamo chiamati a riconoscere la sua presenza in tutto ciò che ha creato, in tutto ciò che troviamo nella casa. Ci lascia ἐξουσία, cioè ci lascia un potere, non ci abbandona a noi stessi. Ci lascia il suo potere, quello dell’amore, e noi siamo chiamati in questa casa a usarlo, ciascuno con il proprio ruolo, con il suo compito unico e insostituibile.

(Foto di Jhovani Morales: Pexels)

Il kairos che si presenta sotto i nostri occhi, aperti o chiusi dipende da noi, può manifestarsi nei tempi che per noi sono meno rilevanti: alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, sono tutti momenti della giornata in cui avvengono meno fatti, in cui i nostri cellulari sono staccati. Pensiamo, ancora di più, all’epoca di Gesù in realtà rurali. E invece sono i momenti più intensi del triduo pasquale, la sera dell’istituzione dell’eucaristia, la mezzanotte del Getsemani, il canto del gallo del rinnegamento di Pietro, il mattino della solitudine. In Marco sotto la croce non rimane nessun discepolo. Qui Gesù ci mette in guardia sullo stile da avere nel mondo immerso nel male.

Con queste parole di Gesù: “Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!” si conclude la lunga introduzione alla passione nel Vangelo di Marco, si chiude il capitolo 13, e proprio in apertura dell’Avvento è come se riceviamo un invito pasquale. Tutto è connesso, e leggere la storia della salvezza con questo sguardo olistico ci offre certamente un orizzonte di senso che può aiutarci a vivere questo tempo di Natale con uno sguardo diverso.

L’augurio più bello, in questo nuovo anno liturgico, è di camminare con a fianco la parola di Dio per costruire un mondo migliore, con lo sguardo di Francesco di Assisi, che diceva nella stupenda parafrasi al Padre Nostro: “Sia fatta la tua volontà, come in cielo e così in terra: affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l’anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell’anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e dei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno.” (FF 270).

Vi auguriamo di cuore un buon cammino verso il Natale del Signore! 

Laudato si’!