Foto di Ralph Zoontjens (Pexels)

Domenica 17 dicembre
III DOMENICA DI AVVENTO – ANNO B
Gv 1, 6-8.19-28

Il Cammino Laudato Si’ che accompagna le domeniche di Avvento verso il Natale del Signore, in questa domenica “Gaudete” ci offre un assaggio della gioia del Natale. I paramenti rosacei, e non più viola, ci ricordano che non dobbiamo attendere una data fissata per incontrare Gesù che nasce, ma ogni giorno può essere un kairos che ci cambia la vita.

Come domenica scorsa, anche oggi il personaggio centrale è Giovanni Battista, icona del nostro stato d’animo nel tempo di Avvento. Viene presentato in dialogo, con coloro che vengono fin nel deserto a trovarlo, attratti dalla forza del suo annuncio.

Giovanni, che prima annunciava con le urla nel deserto un battesimo di conversione, oggi si confronterà proprio con la sua attesa, con il proprio io, con la sincerità della sua umiltà, e ha ancora da dirci tanto sul nostro vivere la fede e il rapporto con Dio.

La prima parte del vangelo di oggi è ripresa dal prologo di Giovanni. Come un volo di aquila che gira su se stessa fissando lo sguardo sulla preda anche a grande distanza, il testo di Giovanni descrive la parola svelandoci, man mano aspetti sempre più precisi. Ma nel corpo della descrizione, ci sono delle interruzioni che sembrano quasi non essere omogenee con il resto, come nel caso dei passaggi sul Battista.

Infatti a un certo punto, stranamente, l’inno si interrompe sulla figura di Giovanni, un testimone. Ma il testimone è fondamentale per la parola, senza testimone, senza comunicazione non c’è parola. Il Battista ci indica, con la sua vita, uno dei nostri doveri in vista del nuovo anno, uno dei nostri impegni: dobbiamo rendere testimonianza della luce. La testimonianza non è la luce! A volte ci concentriamo solo sui profeti, quasi divinizziamo esempi di uomini virtuosi, ma dimentichiamo che la luce viene da altrove, viene solo da Dio! Tutto il resto sono idoli. Testimoniare è duro, in greco è “martirio”, si dà la vita per questo!

La parola è luce per ogni uomo, oltre le religioni, oltre le culture e le provenienze. Ma nel mondo, questa luce non è riconosciuta, accolta. Perché non la accogliamo? Perché la conosciamo, ma non la riconosciamo? A chi la accoglie, è dato potere di essere figlio di Dio: la parola di verità “informa”, fa diventare come Dio, fa diventare Dio. È il principio di divinizzazione. Ognuno è la parola che ascolta, quando diventa come quella.

(Caravaggio, San Giovanni Battista, 1604 c., Museo Nelson-Atkins, Kansas City)

La parola, nella forma del dialogo serrato, diventa la protagonista del racconto di oggi. Un interrogatorio a cui viene sottoposto il Battista, in cui si snodano i due temi: chi è l’uomo e chi è Dio. L’uomo, impersonato da Giovanni, è testimone, la μαρτυρία in fondo è martirio. Alla prima domanda, fondamentale, «Tu, chi sei?» Giovanni risponde dicendo ciò che non è. Tre no che lo de-finiscono. Per dare un’immagine di noi vera, dobbiamo sempre limitare la nostra narrazione, decentrarci rispetto agli altri. Cosa è l’uomo? E’ ciò che non è, in fondo tutti noi siamo desiderio.

Dopo aver detto ciò che non è, prende da Isaia la sua definizione: «Io sono voce di uno che grida nel deserto». La citazione che abbiamo visto domenica scorsa, la risposta al popolo in esilio a Babilonia alla sete di giustizia, che trova nel deserto il luogo della rivelazione. In un luogo di silenzio assoluto, immaginate i silenzi del deserto, Giovanni è voce. Una voce che grida. E questo ci dice chi è Dio, poiché quella voce di consolazione è profetica, parla per Dio. Mentre l’uomo è desiderio, Dio è prossimità al povero, vicinanza di fronte all’ingiustizia, consolazione nel deserto della solitudine.

«In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete». Le parole che chiudono la testimonianza di Giovanni sembrano rivolte a ciascuno di noi, che come quegli inviati dei farisei riempiono di domande Dio e i suoi profeti, ma poi non siamo capaci di conoscere e ri-conoscere Dio in mezzo a noi, nello sguardo dei fratelli e delle sorelle, o nell’armonia del creato. Lui sta in mezzo a noi, e nessuno di noi può dirsi degno di slegare il laccio del sandalo.

Preghiamo il Signore affinché in questa domenica ci aiuti a vivere con vera umiltà, con le parole di San Francesco di Assisi, che diceva: “Beato il servo che viene trovato così umile tra i suoi sudditi come quando fosse tra i suoi padroni. Beato il servo che si mantiene sempre sotto la verga della correzione. E’ servo fedele e prudente colui che di tutti i suoi peccati non tarda a punirsi, interiormente per mezzo della contrizione ed esteriormente con la confessione e con opere di riparazione” (FF 173).

Vi auguriamo di cuore una buona domenica! 

Laudato si’!