Ottava di Natale – Sacra Famiglia
Rubrica “Cammino Laudato Si’ – Vangelo della domenica”

 

Domenica 31 dicembre
DOMENICA FRA L’OTTAVA DI NATALE – SANTA FAMIGLIA DI GESU’, MARIA E GIUSEPPE, FESTA – ANNO B
Lc 2, 22-40

Eccoci ripartiti, dopo il cammino verso la grotta di Betlemme, sui sentieri della missione! Nel pieno del tempo di Natale, ci viene presentato il primo viaggio di Gesù a Gerusalemme: tutto il vangelo di Luca è un viaggio di Gesù verso Gerusalemme, e nei primi capitoli questo è molto chiaro. A Betlemme Dio si manifesta ai pastori, numerosi e indefiniti, a Gerusalemme si incontrano due persone pie, di cui conosciamo i nomi. Questo per dirci un po’ le proporzioni che incontrerà nella storia.

Un uomo e una donna, dal volto segnato da anni di attesa e di speranza, che si fanno ambasciatori dell’umanità, nel suo atteggiamento rispetto al dolore e alla gioia. Due persone che ci offrono la possibilità di conoscere meglio questo Dio che vuole stare tra le nostre braccia. Sarebbe un modo molto bello per iniziare il nuovo anno.

“Quando furono compiuti i giorni”, molto bello il riferimento temporale. Dopo la nascita, e dopo aver dato il nome di Gesù, i giorni non passano, non trascorrono, non è un tempo finito, ma il tempo si riempie di senso. I giorni si compiono, come la maturazione dei frutti nel creato. Questi quaranta giorni dopo la nascita indicano la pienezza della promessa attraverso il profeta Malachia, proprio nelle ultime parole dell’Antico Testamento.

E’ il primo ingresso di Gesù al tempio, compimento della promessa in cui si diceva “e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate” (Ml 3, 1), un bambino indifeso sarà il compimento dell’opera di Dio che “è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai”. Uno si aspetta distruzione e sterminio, l’ira di Dio sugli uomini, e invece si ritrova un bambino. Questo è il metodo che usa Dio con noi, quando torna nel suo tempio.

“Ora a Gerusalemme c’era un uomo” sembra quasi ricordarci che in ogni tempio, in ogni chiesa, c’è almeno un uomo buono, mai solitario. Un uomo e una donna che sono l’archetipo di coloro che sanno attendere, di lunghe attese. Non si dice nulla di Simeone, al di fuori dell’azione dello Spirito su di lui, nell’attesa del consolatore, il Paraclito, e nella profezia di vedere il Signore. Sempre lo Spirito lo sospinge fuori casa per andare al tempio. Non si dice altro di Simeone, oltre al gesto più bello che un uomo può fare con Dio che entra al tempio, unico in tutta la Sacra Scrittura: ἐδέξατο αὐτὸ εἰς τὰς ⸀ἀγκάλας, cioè “lo accolse tra le braccia”. Che onore immenso, quanto ne è valsa la pena attenderlo!

Tutta la vita di Gesù è un consegnarsi tra le braccia degli uomini, ancora oggi noi possiamo attenderlo e obbedire al comando “prendete e mangiatene, questo è il mio corpo”, un corpo offerto per essere abbracciato da noi. E le parole di Simeone, che sono recitate ogni sera da chi ama la compagnia della preghiera, sono Νῦν ἀπολύεις, “nunc dimittis”, “adesso lascia”, la consegna a chi si consegna. Il servo, incatenato dall’attesa, adesso può essere sciolto.

Simeone si lascia andare in un canto di lode, e in una profezia terribile rivolta a Giuseppe e Maria. Canto e profezia. Tutto centrato sull’attesa e la parola, sullo svelamento e la luce. Ciò che per alcuni è gioia, per altri è caduta. E oltre a lui c’è Anna (“Grazia di Dio”), figlia di Fanuele (“volto di Dio”), della tribù di Aser (“felicità, fortuna”), di cui si dice esattamente l’età – 84 anni – e il breve matrimonio di sette anni. Una donna lungamente vedova, senza il suo sposo. Adesso può vivere la felicità di contemplare il volto di Dio, la sua grazia, i tanti anni da vedova sono nulla di fronte a questo privilegio. 

Ogni quadro descritto nei vangeli di Natale andrebbe contemplato per ore, è un balsamo che ci dona gioia e speranza, e che riguarda tutti noi, i piccoli, le vecchie generazioni, le speranze e i dolori dell’umanità. “Quando ebbero adempiuto ogni cosa”, una famiglia che si fa missione per tutti, porta a compimento ogni cosa, porta a maturazione il tempo, lo rende pieno dell’attesa. Dopo tutto ciò, torna a casa, nella quotidianità, nel nascondimento, nella dignità della piccolezza. Gesù, in questo silenzio, crescerà per un tempo lunghissimo, ben oltre i tempi dell’epoca, per poi rivelarsi all’inizio della sua missione.

L’augurio più bello, al termine di questo anno, è di vivere la pazienza dell’attesa con lo sguardo di San Francesco di Assisi, che diceva: “Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Il servo di Dio non può conoscere quanta pazienza e umiltà abbia in sé finché gli si dà soddisfazione. Quando invece verrà il tempo in cui quelli che gli dovrebbero dare soddisfazione gli si mettono contro, quanta pazienza e umiltà ha in questo caso, tanta ne ha e non più.” (Ammonizioni XIII).

In questa parola si gioca lo stile che abbiamo nel mondo, alla luce di questa parola che possiamo capire tutta la bellezza di quello che è successo nella mangiatoia di Betlemme, e forse il nuovo anno, nel nostro incontro al termine di questo cammino di ricerca di queste settimane, assume un sapore più dolce.

Vi auguriamo di cuore un buon Anno! 

Laudato si’!