V domenica del Tempo Ordinario
Rubrica “Cammino Laudato Si’ – Vangelo della domenica”

 

Domenica 4 febbraio
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Mc 1, 29-39

Il vangelo di questa quinta domenica chiude la descrizione della prima giornata di Gesù nel testo di Marco. Abbiamo già visto il ritmo molto serrato dei primi versetti, come quasi animato da un’impazienza di camminare, di diffondere la bella notizia. Adesso vediamo gli effetti della missione.

Sembra come se Gesù sia mosso dal grido dell’umanità sofferente, e riesca a trovare un’energia incredibile per dare ascolto a questo grido. La seconda parte del brano, redazionale, ci offre anche indicazioni di tempo, e rimarca ancora di più il ritmo serrato. Quanto sarebbe bello, per l’umanità intera, se noi imparassimo da Gesù questo desiderio di bene!

“E subito, usciti dalla sinagoga” ci collega al vangelo di domenica scorsa, all’insegnamento autorevole di Gesù. La missione per le strade del mondo è urgente, e quindi c’è εὐθὺς, un “subito” che ci ricorda che il giorno è breve e le cose da fare tante. Si esce da una sinagoga, non si resta nel luogo di preghiera, ma ogni luogo, nel creato, è spazio ideale di incontro con Gesù. E’ lui che ha desiderio forte di incontrarci, ovunque.

Il primo miracolo che compie Gesù nel vangelo di Marco è un miracolo di relazione, e di dignità della donna. Non si muove da solo, ma in compagnia di Simone e Andrea, di Giacomo e di Giovanni. Si esce da una sinagoga e si entra in una casa, subito. La casa che esprime la nostra intimità, quando ci viene a fare visita qualcuno entriamo in allarme, tutto deve essere a posto. Pensate Dio che ci viene a visitare a casa, o nella nostra casa comune!

In questa casa, che appartiene a Simone e Andrea, c’è però un inconveniente: “la suocera di Simone era a letto con la febbre”. Immagino il povero Pietro, colto di sorpresa da Gesù che si ferma a casa sua, e non ha tempo di sistemare la casa. Anzi, rispetto a Giacomo e Giovanni che avevano i garzoni, Simone in casa aveva la suocera. Gesù entra subito nelle relazioni familiari, fratelli, figli, mogli – Pietro evidentemente era sposato – e visita il nostro quotidiano, dando dignità alle relazioni. Questa donna ha la febbre, apparentemente nulla di importante, non un male incurabile. Marco non ci dice che malattia avesse la suocera, ma solo il sintomo finale, la febbre. Come la nostra casa comune, che ha la febbre, e spesso dibattiamo sulle cause.

Prima di compiere il miracolo, “subito gli parlarono di lei”, chissà forse per giustificarsi del disordine in casa! Ma soprattutto c’è una relazione, c’è un conoscere. Di conseguenza “Egli si avvicinò”, perché è sempre Gesù che viene incontro a noi, “la fece alzare” – letteralmente ἤγειρεν che è lo stesso verbo usato per “resuscitare” – “prendendola per mano”. Il gesto di prenderla per mano è precedente, più precisamente κρατήσας τῆς ⸀χειρός “impadronendosi della mano”, quasi che Dio abbia bisogno gelosamente del servizio di questa donna. Prima Gesù accompagna la mano nel servizio, e poi la donna risorge, viene portata a una nuova creazione. E compie pienamente il suo essere, mettendosi subito a servire. La casa va avanti – e quindi anche la chiesa, e la nostra casa comune – grazie al servizio feriale di persone come questa donna, mentre spesso noi “assidui frequentatori” stiamo a guardare la scena come gli apostoli.

Il racconto prosegue poi con un brano redazionale, che fa un po’ da cerniera con la parte successiva, in cui ci sarà il racconto del lebbroso. In questo brano, apparentemente secondario, viene raccontata la fine della prima giornata di missione del vangelo di Marco. Colpisce la sproporzione, mentre durante tutto il giorno Gesù aveva liberato un uomo posseduto e guarito una donna dalla febbre, di sera “dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta”. Proprio la sera, quando ormai la giornata dovrebbe essere conclusa, arriva il maggior lavoro per Gesù. Da una casa si va alle vie della città, alla porta del villaggio.

La porta della città rappresenta un po’ il limite dell’uomo, quel limite che ciascuno di noi riconosce quando guarda alla propria fragilità. Quel limite che nel giardino di Eden l’uomo e la donna cercano di coprire, facendosi cinture di pelle. Nell’ora del buio, in compagnia di sorella luna e sorelle stelle, “guarì molti che erano affetti da varie malattie”, quasi a ricordarci che anche quando pensiamo che la nostra missione è in pausa, possiamo sempre confidare nel Signore. E ancora, senza sosta, Gesù cerca di ricaricare le batterie con la preghiera, alzandosi ancora nella notte. Prega nel creato, in un luogo deserto, lontano da tentazioni e confusione. 

Gli apostoli rappresentano la tentazione per Gesù. Prima lo inseguono, in realtà κατεδίωξεν αὐτὸν, cioè lo pedinavano dietro le sue tracce, quasi come si fa dietro ai ladri. E quando lo incontrano, riferiscono che «Tutti ti cercano!», quasi a evidenziare quanto Gesù stia diventando importante per tutti. Apparentemente un grande successo per Gesù! Ma lui ha altri sogni, ha altri desideri, piuttosto che la sua gloria personale. E infatti risponde: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini». Gesù non vuole impossessarsi di un luogo, ma desidera la libertà di ciascuno di noi, e quante più persone possono essere raggiunte da questo messaggio, tanto più lui aderisce alla sua missione: «per questo infatti sono venuto!».

Preghiamo oggi il Signore, in questa domenica, affinché accogliamo con gioia l’invito al servizio proposto da Chiara di Assisi, che diceva alle Povere Dame: “E amandovi a vicenda nell’amore di Cristo, quell’amore che avete nel cuore, dimostratelo al di fuori con le opere, affinché le sorelle, provocate da questo esempio, crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità.” (FF 2847).

Vi auguriamo di cuore buona domenica, accompagnati dalla parola del Signore! 

Laudato si’!