(Pietro Perugino, Adorazione dei Magi, Galleria Nazionale dell’Umbria Perugia, 1470-1473 o al 1476 circa)

Lunedì 6 gennaio 2025

EPIFANIA DEL SIGNORE – ANNO C

Commento al Vangelo

Mt 2, 1-12

Il racconto di oggi ci descrive la visita dei Magi a Gesù e alla sua famiglia, ed è uno stimolo per riflettere sulla nostra capacità di metterci in cammino in ascolto del creato e della parola di Dio. Tutto avviene, come sempre, in una stupenda immersione nel creato, scenario di tutte le nostre vicende umane e dei racconti su Gesù.

Può essere uno spunto molto interessante per riflettere su come ci poniamo rispetto ai due libri attraverso i quali Dio di rivela a noi: il libro della scrittura e il libro della creazione. Entrambi questi libri hanno bisogno di essere decifrati, richiedono l’aiuto di persone esperte capaci di leggere questi codici, e entrambi ci possono portare alla nostra realizzazione, alla nostra felicità.

“Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode” colloca la vicenda storica in un contesto ben definito. Mentre il primo capitolo di Matteo si sofferma sulla storia passata, con la genealogia e il racconto di Giuseppe, d’ora in poi con la scena dei Magi si presenta ai nostri occhi la storia futura di Cristo. Si tratta di pagani, persone che non lo conoscono, rappresentano un po’ ciascuno di noi. E nello stesso racconto c’è la strage degli innocenti, la fuga, le persecuzioni che vivrà Gesù e coloro che si mettono in cammino con lui.

L’espressione “alcuni Magi vennero da oriente” ci indica notizie vaghe, non sappiamo quanti fossero, né da dove venissero precisamente. L’unica cosa certa è che sono estranei a Israele, e che hanno l’abitudine di guardare il cielo. Lo guardano per scienza – fissano il tempo, studiano le stagioni – ma anche per cogliere i segni dei tempi. Ecco una bella caratteristica del credente: guardare la stessa natura, lo stesso mondo, con gli occhi di chi è distratto, ma allo stesso tempo chiedersi “che senso ha?”

La scienza e la fede possono camminare insieme, anzi devono camminare insieme, e infatti re Erode, interrogato dai Magi e convocati i teologi dell’epoca: “si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo”. Provano a rispondere alla domanda: “Dov’è colui che è nato?”, qual è il luogo. La sacra scrittura consente di trovare le risposte, Dio ci ha donato questa chiave di lettura del mondo. I Magi, come noi, sono spinti dal desiderio di ricerca, e cercano βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων, “il re dei Giudei”, la stessa scritta che alla fine del vangelo troveremo sulla croce. Non è il re di Giuda, cioè Erode, ma è molto di più. Lo cercano perché hanno visto una stella, qualcosa che chiede loro di andare oltre.

Questo andare oltre è ciò che distingue la scienza dei Magi da quella di Erode e dei sommi sacerdoti: i primi si mettono in cammino per adorarlo, gli altri si turbano, fanno ricerche accurate, e poi lo uccidono. La lettura delle scritture porta a un luogo piccolo, Betlemme, ma i Magi si accorgeranno che l’oggetto della ricerca non è più solo il luogo, ma è andare oltre. Davanti alla sacra scrittura possiamo avere l’atteggiamento dei sommi sacerdoti – che scrutano ma restano al loro posto – oppure quello di Erode – che si informa accuratamente per annullare gli effetti della parola – o infine l’atteggiamento dei Magi – che si mettono in cammino. La parola lascia a noi la libertà.

“Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva”, perché a Gerusalemme la stella sembra essere scomparsa, la lettura del creato lascia spazio alla parola di Dio. Ma appena ripartiti, la rivedono, e “provarono una gioia grandissima”. Dove è presente Dio, non può che esserci la gioia. Laudato si’ mi Signore! Che bellezza. Il nostro desiderio, la nostra ricerca, quando è ben orientata porta alla gioia. Questo dovrebbe essere il criterio di valutazione della nostra vita.

Cosa succede quando incontrano il bambino e Maria? Essi “si prostrarono e lo adorarono”, il termine greco προσεκύνησαν αὐτῷ indica il “portare alla bocca”, il baciare, ma anche il mangiare. In una mangiatoia, la nostra gioia è nutrirci di questo affetto, baciare, amare. E’ nell’amore che lo incontrano. Amare è l’unico modo per dire grazie all’amore. E infatti, davanti all’amore, si dice grazie consegnando i propri doni.

Il vangelo di oggi termina con l’espressione “per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”, il termine corretto sarebbe ἀνεχώρησαν, che non è un ritornare, ma un essere “anacoreta”, separato dal mondo, eremita. Anche Gesù si ritirerà, e verrà usato lo stesso termine. Noi cristiani dovremmo essere così, quando incontriamo Dio realmente nel fratello, nella sorella, nel creato, guidati dalla parola e dalla stella: dovremmo continuare a vivere il mondo, ma con occhi nuovi.

In questa festa dell’Epifania preghiamo il Signore affinché, dopo l’incontro reale con lui il nostro cuore colmo di gioia come quello dei Magi, possa cantare con le parole del Cantico delle Creature di San Francesco di Assisi: “Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviteli cum grande humilitate” (FF 263).

Vi auguriamo di cuore una buona Epifania del Signore!