(Pietro Perugino, Battesimo di Gesù, Cappella Sistina, Roma, 1482)

Domenica 12 gennaio 2025

BATTESIMO DEL SIGNORE – ANNO C

Commento al Vangelo della domenica

Lc 3, 15-16.21-22

Il racconto di questa domenica ci descrive il battesimo di Gesù nel Giordano, ed è uno stimolo per riflettere sul nostro battesimo e sul nostro essere figli di Dio. Tutto avviene, come sempre, in una stupenda immersione nel creato, scenario di tutte le nostre vicende umane e dei racconti su Gesù.

Il vangelo non dice cose strane, ma ci chiede solo di essere “uomini”, se viviamo da figli e da fratelli. Giovanni nel deserto aveva risposto alle domande della folla, degli esattori delle tasse e dei soldati, chiedendo loro semplicemente di “essere più umani”, di emergere nella propria umanità. Questo chiede il vangelo, senza norme, dottrine morali, ma attraverso l’esperienza della parola di Dio. Attraverso il ricordo di ciò che è stato Cristo sulla terra, ci ricorda che lui è il culmine dell’essere umani.

La gente si chiede se questo Giovanni fosse il Cristo, segno del grande successo di Giovanni e del suo insegnamento. La sua risposta è molto bella: io vi battezzo con acqua, vi immergo nella vostra realtà del limite. L’acqua è un segno di morte, se ci rimaniamo dentro, quando ci fermiamo al nostro limite fisico: sott’acqua, è chiaro, non si può respirare, e si annega. Rimaniamo in vita solo quando siamo capaci di uscire dall’acqua. “Viene dopo di me colui che battezza in fuoco” dice Giovanni, non in morte ma in vita. Il fuoco è un segno di vita, pensate a come lo descrive San Francesco, “bello, iocundo, robustoso et forte”. Quando penso alla bellezza del termine “giocondo”, ballerino, penso alla fiamma che danza! Solo accettando il nostro limite umano, la nostra fragilità, espressa nell’acqua, noi possiamo sperimentare l’incontro con Dio, la vita, espressa nel fuoco. Dio non è altro che il compimento necessario della nostra umanità, del nostro limite, della protesta contro il limite e del nostro desiderio di infinito. Nel nostro limite, se vogliamo, possiamo accogliere colui che desideriamo.

Proprio su Cristo si sofferma la seconda parte del racconto di oggi. Come viene Cristo, giudice giusto che separerà il grano dalla pula? Troviamo Gesù insieme “a tutto il popolo”, lo troviamo in silenzio, in preghiera. Questo ci sbalordisce: ha fatto una cosa incredibile, si è messo in fila con i peccatori, si è immerso anche lui in quella “sorella acqua” di morte, vecchio battesimo predicato da Giovanni, battesimo del limite. Totale simpatia con la fragilità dell’uomo.

Riceve il battesimo, e questa scena, in tutto il testo di Luca, è come una grande inclusione che avrà il suo seguito nella scena finale della croce: qui nel creato, nel fiume, tra i peccatori; nella Passione, sempre nel creato, nel giardino del Golgota, tra due malfattori. Qui si battezza, va a fondo, simbolo di morte; alla fine, sulla collina di Golgota, muore. Qui si apre il cielo, lì si squarcia il velo del tempio. Qui vediamo lo spirito che scende, lì darà lo spirito. Qui il Padre dice “tu sei il figlio mio”, lì il centurione dirà “veramente questo era figlio di Dio”, prima professione di fede della storia, dopo aver sentito urlare Gesù proprio con la parola “Padre, nelle tue mani…”

Tutto il vangelo di Luca è spiegazione di questa scelta. Tutta la vita è realizzazione della scelta del battesimo. Avviene anche per noi la stessa cosa? La nostra vita, in questo momento, è spiegazione del nostro battesimo? Luca ci presenta Gesù già battezzato, la scena è già compiuta. E si trova in preghiera, in preghiera si vive il battesimo. Dio ci incontra nel fiume, nell’acqua, nella fragilità, nel male. Il male non è il luogo in cui lui ci condanna, ma il luogo in cui sceglie di incontrarci.

Contemplare questa scena ci fa comprendere chi è Dio, ci guarisce dell’illusione del serpente nel giardino di Eden, quel Dio totalmente diverso da noi e di cui dobbiamo aver paura, da cui nasconderci dietro foglie di fico. Invece Dio è esattamente come noi, accetta la nostra natura e si immerge nel nostro limite. Vivrà tutta la sua vita con questa coerenza, fino all’estremo: Dio è “molto inferiore”, quasi “minore” se usiamo un termine caro a San Francesco. In una preghiera silenziosa. Ed è nella preghiera che il cielo si apre!

Nella preghiera si apre il cielo, come avviene sul Calvario, quando Gesù prega con le parole: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” e si apre il cielo, si squarcia il velo. Adesso è la stessa dinamica. Dove c’è questo spirito, questo dialogo, Dio viene ad abitare nella nostra terra, scende dai cieli. Questa coerenza accompagna tutta la vita di Gesù.

Su di lui scende lo spirito di sapienza. È come una colomba, che aleggia sulle acque del battesimo, che ci ricorda lo spirito di Genesi che aleggiava sul caos. Il battesimo di Gesù è una nuova creazione, un mondo nuovo. Una nuova alleanza, che ci ricorda la colomba di Noè. Oltre la colomba, c’è una voce. Come in Genesi, quando la voce di Dio invita Abramo a sacrificare il figlio amato. Gesù è figlio proprio perché darà la vita sul monte, nuovo Isacco. È come la nascita di Gesù, nella solidarietà umana: questo mettersi in fila di Gesù ci educa alla solidarietà.

La preghiera, che scaturisce dopo il battesimo di Gesù, sia per noi sempre ispirata come ci suggerisce Santa Chiara di Assisi, che diceva alle sue povere dame: “Preghiamo Dio l’una per l’altra, e così, portando il giogo della carità vicendevole, con facilità adempiremo la legge di Cristo” (FF 2918).

Vi auguriamo di cuore una buona domenica!

Laudato si’!