Ilario da Viterbo, Annunciazione, 1393, Porziuncola, Basilica Santa Maria degli Angeli, Assisi

Domenica 24 dicembre
IV DOMENICA DI AVVENTO – ANNO B
Lc 1, 26-38

Siamo quasi giunti al termine del Cammino Laudato Si’ che accompagna le domeniche di Avvento verso il Natale del Signore, entrando nell’intimità di una casa. La scena dell’Annunciazione ci offre un ottimo spunto per preparare il cuore alla scena del Natale che vivremo tra poco.

Come Giovanni Battista, è icona del nostro essere testimoni, Maria è icona dell’umanità che si mette a servizio della parola. Umanità che, pur essendo umilissima, viene rivestita di immensa gloria da Dio.

Il brano di oggi è forse quello che ha dato vita alla maggior parte delle preghiere e delle pratiche del cattolicesimo: dalla preghiera dell’Ave Maria e il Santo Rosario, fino alla recita dell’Angelus al suono delle campane, tre volte al giorno come intuito da S. Francesco; nella preghiera del mattino e della sera, nella pausa di mezzogiorno, negli esercizi spirituali Ignaziani viene sempre ricordato questo passo del vangelo di Luca. Ma come avviene alle opere più conosciute, dalla musica alla pittura, anche questo testo rischia di essere logorato dalla nostra abitudine.

La scena di oggi appartiene a un dittico, è la seconda parte dell’annunciazione a Zaccaria. Mentre la prima è in Giudea, a Gerusalemme, questa è in Galilea, in una città sconosciuta; la prima è nel tempio, anzi nel santuario del tempio, la seconda in una umile casa; la prima annuncia l’ultimo dei profeti, la seconda la novità della promessa di Israele che si compie. Dante, intrecciando la figura di Maria con Dio creatore e con tutta la creazione, descrive Maria in forma sublime così: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’eterno consiglio, / tu se’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che ’l suo Fattore / non disdegnò di farsi sua fattura. / Nel ventre tuo si raccese l’amore / per lo cui caldo nell’eterna pace / così è germinato questo fiore” (Paradiso XXXIII, 1-9).

Il sì di Maria consente una nuova creazione, è posto all’inizio del vangelo perché prototipo per tutti noi del vero discepolato, di chi ascolta la parola che consente di generare Dio nel mondo, come essere madre e fratello di Gesù. Questo sì avviene “al sesto mese” dal concepimento del Battista, quando la promessa non è ancora matura. Il sesto mese, come il sesto giorno della creazione, è incompletezza, e l’adesione al progetto di Dio, che dipende dalla nostra libertà, può portare a compimento l’incompleto. Anche ognuno di noi, oggi, può dire sì, non c’è da attendere un futuro indefinito. Basta aprire i nostri occhi, vegliare come ci veniva chiesto all’inizio dell’Avvento, e accorgerci che c’è un Gabriele, גַּבְרִיאֵל “fortezza di Dio”, che consente alla parola di operare nel mondo.

Leonardo da Vinci, Annunciazione, 1472-1475 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

I rabbini dicevano che Dio ha creato il mondo con le lettere dell’alfabeto, combinando tutte le lettere possiamo ottenere tutto il mondo, tutto in fondo è intellegibile se ne scopriamo i codici di lettura. Questa parola creatrice viene da fuori, “Entrando da lei” l’angelo può parlare, e alla fine del racconto “si allontanò da lei”, come a dire che la nostra quotidianità viene raggiunta per un istante e poi vive del frutto di questo incontro. La prima parola che giunge a Maria è Χαῖρε, “gioisci”, stessa radice di κεχαριτωμένη “piena di grazia”, a una donna εὗρες γὰρ χάριν “perché hai trovato grazia”. Dio, quando ci raggiunge nella nostra casa di Nazareth, ci chiede anzitutto di essere felici. Laudato si’!

Il turbamento di Maria, preziosissimo, ci fa capire che Dio era inaspettato, nella nostra vita se non siamo abitati dalla superbia è normale sentirsi inadeguati. Ascoltare che “Dio è con te” da un lato può portare alla serenità, ma dall’altro al senso di vertigine e inadeguatezza. Per questo la prima consolazione al turbamento di Maria è l’invito a “non temere”, e la promessa che “concepirai, darai alla luce e chiamerai per nome”. La nuova creazione, possibile dal sì dell’essere umano, risposta al mancato sì di Adamo ed Eva. Torniamo al giardino di Eden, possiamo ascoltare Dio creatore che ci invita a coltivare e custodire.

Questo giardino è possibile sulla terra anche nonostante i limiti, “non conosco uomo”, aprendo gli occhi intorno a noi e imparando a leggere i segni dei tempi, “Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia…”. Dire di sì richiede un dialogo, un discernimento, una ricerca, anche se molti punti rimangono nebulosi e il disegno di Dio incomprensibile in fondo.

«Ecco la serva del Signore». Maria, in realtà, si definisce δούλη, cioè schiava, anche se per noi è un termine un po’ troppo estremo. In realtà è molto più bello, perché mentre il servo svolge dei compiti per il padrone, lo schiavo appartiene totalmente al padrone: Maria accetta di essere “totalmente sua”.

Preghiamo il Signore affinché in questa domenica ci aiuti a vivere con vera devozione la novità dell’Incarnazione, con le parole di San Francesco di Assisi ispirato dai muezzin che scandivano nel XIII secolo le giornate in Oriente, che diceva: «E dovete annunciare e predicare la sua gloria a tutte le genti, così che ad ogni ora, quando suonano le campane, sempre da tutto il popolo siano rese lodi e grazie a Dio onnipotente per tutta la terra» (Lettera ai Custodi 1,8).

Vi auguriamo di cuore una buona domenica! 

Laudato si’!