(Guercino, Cristo e l’adultera, Dulwich Picture Gallery, Londra, 1621)

Domenica 6 aprile 2025
V DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C
Commento al Vangelo della domenica
Gv 8,1-11

Siamo oggi alla quinta domenica di Quaresima, in questo cammino che ci sta svelando quest’anno, pian piano, il volto della misericordia di Dio attraverso i gesti e le parole di Gesù. Oggi siamo accompagnati dalle parole di Giovanni, che nel capitolo ottavo ci presenta, andando verso il monte degli ulivi, una scena nella quale ci troviamo tutti noi ogni giorno, pronti con le nostre pietre a giudicare chi sbaglia. Si tratta di un brano controverso nel vangelo giovanneo, assente in molti manoscritti antichi, non citato da molti padri della Chiesa, fatta eccezione per Ambrogio, Agostino e Gerolamo, e la patristica latina. Probabilmente è un brano di Luca. Ciò che conta è il messaggio che ci lascia, dentro un capitolo che si apre con i giudei che vogliono lapidare una donna, e che si chiude con i giudei che vogliono lapidare Gesù.

In questo brano si vede il rapporto tra Gesù e la legge. Perché Dio ha dato la legge? “Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi” è una collocazione che ci riporta più al capitolo XXI del vangelo di Luca, quando di giorno insegnava nel tempio a Gerusalemme e di sera si rifugiava sul monte degli ulivi. Mentre insegna portando il suo esempio ai giudei, avviene che “gli scribi – cioè coloro che conoscono la legge – e i farisei – coloro che osservano la legge – gli condussero una donna sorpresa in adulterio”.

Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare…” come atto di giustizia comunitario, perché nella lapidazione tutti sono giustizieri allo stesso modo, a differenza del boia che uccide a nome di tutti. Sorella nostra madre terra, con le sue pietre, diventava strumento di giudizio e di morte. E’ chiaro che la domanda dei farisei e degli scribi è provocatoria, “dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo”, ulteriore prova che probabilmente questo brano appartiene al finale di Luca, a ridosso della narrazione della passione. I farisei hanno già ascoltato il messaggio di Gesù, e sanno bene che per lui non va lapidata. La tentazione è questa: se dice di lapidare la donna, allora contraddice il suo messaggio; se dice che non va lapidata, contraddice la legge di Mosè. In apparenza l’imputato è la donna, ma nella realtà il dito è puntato su Gesù. E cosa fa Gesù?

Si chinò e si mise a scrivere col dito per terra”, ecco il dialogo silenzioso tra Gesù e madre terra. Quella madre terra presa in mano dai farisei per uccidere, diventa la silenziosa compagna che dialoga con il Signore. Un gesto ripetuto due volte, così come due volte Gesù si alza. Per essere scritto due volte, nel testo, che Gesù scriveva per terra, deve essere molto importante sapere cosa scriveva, e che senso aveva questa gestualità. Ma cosa ha scritto per terra Gesù? Il testo di Giovanni è molto chiaro: Gesù non scrive nulla. Per S. Agostino, il gesto allude a Geremia che dice che “i nomi degli empi sono scritti come con il dito sulla sabbia e si disperdono”, affermando quindi che Gesù compie un gesto profetico. La sua profezia è senza parole. Come il “Laudato si” di San Francesco è senza parole! Quante volte le parole non fanno altro che complicare tutto!

Qui il silenzio aiuta Gesù a risolvere questo difficile problema posto dai farisei. E’ una pausa che aiuta tutti a una riflessione oggettiva. Scrivere a terra, nel pavimento del tempio, ci ricorda che oltre alle tavole della legge realizzate di pietra, bisogna considerare il dito di Dio che le ha scritte! Il silenzio di Dio, tante volte, ci fa innervosire più dei ceffoni che potrebbe darci. E allora insistiamo nello stuzzicare Dio: “poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò”, come gesto di pazienza e di dominio della situazione. Affermando: “«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra” l’evangelista ci mostra l’essenzialità di Cristo. Non ha bisogno di sprecare parole.

Gesù chiede a ognuno di noi di guardare dentro, e poi chiede il coraggio, altro amico di storie infantili che abbiamo smarrito nel cammino della vita. Perché a fare parte della massa è facile, molto più difficile è essere “il primo che lancia la pietra”. Per fare questo gesto, ci vuole coraggio. Chi lancia per primo è il responsabile. Tu ti senti responsabile della vita e della morte di questa sorella? Ti senti meglio di lei? Un invito, oggi, a sentirci, ciascuno di noi, responsabili per il nostro fratello e per il nostro pianeta. Il silenzio di Gesù disarma la massa. Infatti erano arrivati tutti insieme, uniti contro il nemico comune, e adesso “se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”. Il silenzio lascia nella scena da solo al centro Gesù e la donna. Prima era la donna, al centro. Ora, come dice S. Agostino, rimangono in due, “la misera e la misericordia”.

Dopo il silenzio, si sente Gesù che chiede: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Donna, cioè “sposa”, una adultera che diventa la festeggiata delle nozze. E “nessuno”, senza nomi, senza titoli, senza cariche, senza “fariseo” o “presbitero”, senza autorità. Gesù non vuole obbligare la donna a essere santa con l’aureola in testa, ma le augura la felicità ricordando che neppure lui, che è Dio, ha desiderio di condannarla!

Nella stupenda parafrasi del Padre Nostro, San Francesco ci ricorda che: “Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo, sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male, e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti” (FF 173).

Vi auguriamo di cuore una buona domenica.

Laudato Si’!