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I domenica di Quaresima
Rubrica “Cammino Laudato Si’ – Vangelo della domenica”
Domenica 18 febbraio
I DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO B
Mc 1, 12-15

 

Eccoci arrivati alla prima domenica di Quaresima, il cammino che ci prepara al tempo forte dell’anno liturgico, il triduo pasquale. Il modo migliore per iniziare questo cammino, come suggerito dalla liturgia, è immergerci nel silenzio della creazione di Dio, nel deserto che ci aiuta a misurarci con noi stessi e ad ascoltare il battito del nostro cuore. 

Questa scena, nel vangelo di Marco, è descritta con rapidissime pennellate, collocata dopo il battesimo nel Giordano. Sembra un testo breve, ma dentro c’è la vita di ognuno di noi. E’ il primo test che vive Gesù subito dopo aver accolto la missione, essersi messo in coda con i peccatori. E in fondo, è il test a cui tutti noi siamo chiamati, nel momento in cui scegliamo di seguirlo.

“E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto”, compare la parola εὐθὺς che scandisce tutto il primo capitolo di Marco, il ritmo serrato di eventi che segnano il programma di vita di Gesù. Appena ha ricevuto lo Spirito, πνεῦμα, ecco che lo stesso pneuma lo sospinge nel deserto, lo espelle (αὐτὸν ἐκβάλλει), lo caccia via da dove sta per portarlo dove non pensa, dove non vuole. E in questo deserto ci sono due spiriti, che sono sempre presenti nei nostri deserti e nelle nostre città popolatissime: lo spirito santo, e lo spirito della menzogna. Nel deserto ci sono bestie feroci, che poi diventano domestiche, e poi c’è un uomo.

Il deserto è ben diverso dal giardino. L’uomo, nella creazione di Dio, era stato posto in un luogo gradevole, e doveva “coltivare e custodire” quella creazione. Adesso, l’uomo eletto, viene gettato fuori nel deserto. Con il suo obbedire alla sua missione, Gesù fa fiorire il deserto, pure le bestie pericolose diventano amiche. In questo deserto “rimase quaranta giorni, tentato da Satana”. I quaranta giorni che richiamano quarant’anni nel deserto, i quaranta giorni di Mosè sul Sinai, i quaranta giorni di cammino di Elia, quaranta è una vita intera. Tutta la nostra vita è una lotta, nella scelta dello spirito giusto. Per quaranta giorni, per tutta la vita, è tentato, πειραζόμενος, che ha la stessa radice di πειραματιστώ (sperimentare) e da cui derivano parole come “perito”, “pericolo” o “perire”, che sono tutte espressioni dell’esperienza.

(Foto di Belle Co: https://www.pexels.com)

A differenza degli altri sinottici, Marco non si sofferma sulla tipologia di tentazione, si limita a dire che dura quaranta giorni nel deserto. Non dice neppure che le tentazioni finiscono, né che Satana fu costretto a scappare avendo compiuto ogni forma di tentazione. Lo lascia intuire, ma in fondo tutto il vangelo di Marco, fino alla croce, è una continua narrazione di tentazioni, e della forza di Gesù di saper rispondere. Ci dice però una cosa molto bella, che ci riporta alle origini della creazione: “Stava con le bestie selvatiche”, θηρίων, con le fiere, esattamente come Adamo chiamato a “dominare” – o forse meglio, a “denominare” – tutti gli esseri, dando infatti a ciascuno un nome. Poi nel corso dei tempi noi esseri umani abbiamo un po’ frainteso questo comando, e abbiamo fatto parecchi danni. Gesù vive nel deserto proprio con questo spirito primordiale, ci ricorda che, se in armonia con Dio, scegliendo di non seguire lo spirito della menzogna, saremo anche in armonia con tutta la creazione.

“Dopo che Giovanni fu arrestato”, letteralmente “consegnato” esattamente come sarà consegnato e tradito lo stesso Gesù al termine del racconto. Questo, paradossalmente, è il kairos per dare inizio alla missione: Cristo comincia proprio quando viene a sapere che il suo profeta è in carcere. Quando vieni consegnato, tradito, quello è il momento opportuno per Dio: l’uomo vuole consegnarlo, e lui si consegna, l’uomo vuole venderlo, e lui si fa dono.

Cosa avviene nel momento in cui si apprende una terribile notizia? “Gesù andò nella Galilea”, inizia la missione. Il testo originale, molto sottile, passa dai primissimi versetti in cui si parla di “Gesù” indefinito, a questo passaggio dopo battesimo e tentazioni che definiscono “il Gesù”, proprio quello di cui il vangelo parla. E infatti, la sua azione è “proclamare il vangelo di Dio”, portare la bellezza di sé nel mondo arido e assetato. Lo scopo della parola, del logos, è essere detta. Il Gesù che abbiamo atteso porta questa parola.

Ci dice essenzialmente due cose, questa parola. La prima: “Il tempo è compiuto”, letteralmente in greco è καιρὸς, Kairos, momento opportuno, l’occasione buona. La seconda: “il regno di Dio è vicino”, meglio ancora dire che il regno è qui, non c’è bisogno di andare altrove. Spesso la nostra vita, in queste due dimensioni, il tempo e lo spazio, ci offre tanti alibi, non è mai il momento e il luogo opportuno, manca sempre qualcosa di ideale. In passato era diverso… Sono troppo piccolo… In una grande città ci sono più opportunità… E invece questa parola ci dice altro.

Se spazio e luogo sono quelli giusti, ecco la chiamata: μετανοεῖτε καὶ πιστεύετε ἐν τῷ εὐαγγελίῳ, cioè “convertitevi e credete nel Vangelo”. Abbiamo bisogno di convertirci, di pentirci, di riconoscere che è tutto sbagliato senza Dio. Il tempo usato all’imperativo è il presente, come a dirci “continuate a convertirvi”, è una azione da fare adesso, in questo luogo e in questo tempo opportuni, senza cercare chissà che cosa nella vita. Credere al vangelo ci consente subito di avere occhi nuovi, non di “cambiare il mondo” che è tutto sbagliato, ma di “cambiare mondo”, cambiare pianeta, cambiare il nostro modo di guardarci intorno.

Preghiamo oggi il Signore, in questa prima domenica di Quaresima, affinché come Francesco di Assisi, nella stupenda parafrasi del Padre Nostro, possiamo dire: “E non ci indurre in tentazione: nascosta o manifesta, improvvisa o insistente. Ma liberaci dal male: passato, presente e futuro” (FF 274).

Vi auguriamo di cuore buona domenica, in cammino verso la Pasqua del Signore, accompagnati dalla sua parola! 

Laudato si’!