Era una tranquilla serata di fine maggio a Windom, la mia piccola città natale nel sud-ovest del Minnesota. Avendo finito di piantare il nostro grande orto, mi ero seduta con mia madre sui gradini della porta sul retro della nostra casa con tre camere da letto, sorseggiando una limonata ghiacciata.

Il giardino appena piantato era a poca distanza. L’aria era umida del petricore del terreno appena smosso, condito con sbuffi di dolcezza dell’erba appena falciata e del profumo di pino proveniente dagli alti abeti disposti ad arte nel cortile.

Attraverso i rami di pino, il cielo della tarda sera segnalava l’imminente fine della giornata con sfumature di arancio rosso rosato e sfumature contrastanti di grigio. Un dolce coro di insetti dal tono acuto ci ha cullato in una meditazione riposante.

Poi, spontaneamente, in armonia con quel flusso pacifico, arrivarono le parole di mia madre: “Solo Dio può far crescere il giardino”. Quelle parole piene di fede hanno suscitato qualcosa di profondo dentro di me, ma il mio io dodicenne non poteva esprimerlo, quindi l’ ho semplicemente tenuto in silenzio per molti anni.

In effetti, la mia persona adolescenziale richiedeva un certo tipo di ribellione per essere “costretta” ad aiutare a sarchiare, curare e raccogliere i prodotti dell’orto. Eppure, segretamente, amavo lavorare in giardino.

Ero abbastanza sbalordita dal fatto che si potesse mettere questa cosa dura, piatta e gialla nel terreno, e settimane dopo poter trovare una pianta di mais dolce al suo posto! Fu solo circa 30 anni dopo che sarei stata in grado di dare un nome a ciò che mi aveva commosso così profondamente quella sera.

Anni dopo, nel mio 25° giubileo come Suora di San Francesco, ho avuto il privilegio di andare in pellegrinaggio ad Assisi, in Italia, e nella regione dell’Umbria, la “Terra Santa Francescana”, dove hanno vissuto San Francesco e Santa Chiara .

Mentre viaggiavamo da un luogo all’altro, nessuno poteva perdersi la lussureggiante vegetazione dei fertili campi di girasoli e dei vigneti che ricoprono le dolci colline. Quei panorami suggestivi combinati con il Cantico delle Creature di San Francesco hanno risvegliato le mie tante “esperienze del giardino” e il profondo senso di stupore e meraviglia che ho provato quella sera con mia madre.

Come me, ma nel loro tempo e luogo, san Francesco e santa Chiara impararono a conoscere bene ciò che io avevo gustato solo quella sera di fine maggio: le vestigia di un Dio incarnato che li cullava nell’amore e nella misericordia nel miracoloso, lussureggiante nido della creazione!

Per circa 30 anni ho vissuto a Chicago. Sebbene, ammettiamolo, ci siano molte comodità nella vita di città, ho sempre avuto un vero rapporto di amore-odio con quei dintorni.

Tutto è enorme, impersonale, lastricato, frenetico, costruito dall’uomo, costantemente in movimento, competitivo, spesso violento. Per me, la “grazia salvifica” era il sistema di parchi che confina con il Lago Michigan.

Lì, una parvenza di intimità con la rete della vita pervadeva tra alberi, erba, fiori, cielo aperto; la gente si sorrideva e si salutava; e il lago Michigan si estende fino all’orizzonte, mentre il ritmo delle onde lambisce la sabbia di ampie spiagge dando il tono e il ritmo di una vita più pacifica.

Le manifestazioni del sacro sono ben distinte da quelle che si trovano in tutte le cavernose cattedrali che punteggiano gli angoli delle strade di quella tentacolare metropoli.

Sì, San Francesco si trovava decisamente “su qualcosa!” Le vestigia del Dio incarnato possono essere viste tutt’intorno a noi – non solo se guardiamo, ma apriamo gli occhi per vedere!

Questa storia é parte de L’ Incontro Laudato Si’ di ottobre. La risorsa spirituale viene prodotta ogni mese per gli Animatori Laudato Si’,  i Circoli Laudato Si’  e i fedeli cattolici, per aiutarli a crescere sempre più vicini al nostro Creatore.  Per storie simili,  visita il sito web del Movimento Laudato Si’ qui.