Domenica 12 febbraio

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Mt 5, 17-37

Continuiamo questo bel cammino, soffermando il nostro sguardo sui versetti della Parola che la liturgia ci propone questa domenica. Siamo sempre al capitolo 5 di Matteo, il celebre discorso della montagna, aperto dalle beatitudini, che dalla scorsa domenica abbiamo visto centrate sulle immagini del sale e della luce. Adesso, attraverso delle antitesi, Gesù ci mette di fronte ai nostri preconcetti, alla nostra cultura popolare, alla pigrizia di pensare come si è sempre pensato, alla tentazione di dire che è tutto sbagliato.

Matteo si rivolge ai giudei, e questo passaggio è molto importante nell’insegnamento di Cristo, perché trova un equilibrio tra questi due estremi: adeguarsi per pigrizia o distruggere tutto per superbia. Come ci collochiamo noi, con le nostre tradizioni? Abbiamo sempre inteso che fu detto… E noi? Continuiamo a fare così, o ci limitiamo a criticare? Gesù porta una parola di luce, annunciando “ma io vi dico”.

(Foto di Karolina Grabowska: https://www.pexels.com)

“Non sono venuto ad abolire”, ci tiene subito a dircelo Gesù. La tentazione è abolire, distruggere tutto ciò che si è fatto prima, nella tradizione giudaica come nelle nostre parrocchie, nelle nostre diocesi. Una tentazione di “novità” che nasce dalla distruzione. Quanto è difficile essere umili di cuore come Dio, che cerca sempre di tessere relazioni, di aggiustare più che di comprare cose nuove. Quanto abbiamo bisogno di questa parola risanatrice!

L’opposto di abolire è “dare pieno compimento”. E’ vivere quella legge, incarnare nel mondo un messaggio. La più grande rivoluzione non è inventarsi cose nuove, ma mettere umilmente in pratica un comando che viene da Dio. Andare alla radice del comando, non per obbedire per precetto o per apparenza, ma con la sincerità del cuore. La sincerità che fa dire a San Francesco “Laudato si” senza usare parole. Perché spesso le parole non sono sincere.

La chiave di queste antitesi che troviamo oggi è forse proprio la sincerità del cuore, la ricerca della giustizia: “se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. Scribi e farisei sono esempio lampante di osservazione meticolosa di norme, di leggi, della legge. Nulla di male ad osservare la legge, è chiaro che è giusto non uccidere, non commettere adulterio, non giurare il falso. La norma viene da Dio! Ma il nodo è come osserviamo questa legge. E qui tutto cambia, se noi lo vogliamo.

L’espressione “Ma io vi dico” che oggi compare quattro volte quindi non indica che propone qualcosa di nuovo, ma semplicemente una modalità più sincera per obbedire. Non basta quindi “non uccidere”, e sentirsi a posto con la coscienza. Probabilmente non abbiamo assassinato nessuno, ma con la nostra lingua, con il nostro pregiudizio, con la mancanza di carità quante persone abbiamo massacrato? E non ce ne rendiamo neppure conto. Quante volte siamo sordi al grido del povero, e anzi lo giudichiamo pure?

La modalità per obbedire è nella relazione con l’altro. Entrare nel cuore dell’altro, questa è la grande rivoluzione a cui ci invita Gesù. Non basta “non commettere adulterio”, se poi il nostro occhio è infelice e desidera sempre ciò che non ha, senza lodare Dio per il dono quotidiano che riempie la nostra vita. Anche qui, la sincerità del cuore ci fa riflettere sulle nostre relazioni.

(Foto di VIRGIMALDONADO: https://www.pexels.com)

Se le nostre relazioni sono pure, se il nostro cuore è puro, viviamo la beatitudine con cui si apre il capitolo 5. Osservare la legge, in questo caso, non diventa un obbligo, ma una conseguenza bella. Se il cuore è puro, non c’è bisogno di “giurare il falso”, non c’è bisogno di giurare affatto. Quanto sarebbe bello vivere ogni giorno con questa leggerezza che ci rende autenticamente liberi. La legge di Dio è una legge che libera!

Il Signore, in questa domenica, ci faccia il dono di essere compimento della sua Parola, diventando uomini fedeli, come ci suggerisce Santa Chiara di Assisi: “Sì, perché è ormai chiaro che l’anima dell’uomo fedele, che è la più degna tra tutte le creature, è resa dalla grazia di Dio più grande del cielo. Mentre, infatti, i cieli con tutte le altre cose create non possono contenere il Creatore, l’anima fedele invece, ed essa sola, è sua dimora e soggiorno, e ciò soltanto a motivo della carità, di cui gli empi sono privi. E’ la stessa Verità che lo afferma: “Colui che mi ama, sarà amato dal Padre mio, e io pure l’amerò; noi verremo a lui e porremo in lui la nostra dimora” (FF 2892).

Condividiamo di seguito la riflessione di frei Carlos Acacio, guida spirituale del Circolo Laudato Si’ di Assisi, che trovate anche nella risorsa “L’Incontro Laudato Si” di questo mese, curata dagli Animatori italiani.

Vi auguriamo di cuore buona domenica, accompagnati dalla parola del Signore! 

Laudato si’!